giovedì 28 agosto 2014
Specchio
“Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?”
Non c’è bisogno dei fratelli Grimm per possedere uno specchio magico e non c’è mai stato bisogno di una regina vanitosa alla continua ricerca della propria bellezza. Grimilde, Narciso, specchiarsi, guardarsi, tutti i riflessi sono magici, tutti gli specchi sono magici.
Chissà perché non ci accorgiamo più degli specchi.
Ci sono persone che amano gli specchi e persone che li odiano. In realtà, non so se odino lo specchio in sè o il riflesso della propria immagine. So che li evitano, sempre. Mai sentito parlare di spettrofobia? Il riflesso è sempre difficile da gestire. Gestire il riflesso della propria immagine può rasentare l’arte.
Anche i vampiri evitano gli specchi, dicono che non si vedano riflessi.. dicono sia una questione di anima.
Cammino con un amico lungo la riva di un fiume; osserviamo, sorridendo, entrambe le nostre immagini riflesse, torbide, sfuggenti. Anime. Cercando di non cadere in acqua – come insegna il buon Narciso – cominciamo a parlare di specchi. “Tu sei un artista, io un pensatore”… non so chi dei due finga di essere Boccadoro. Lui inizia a parlare in maniera frenetica; sembra stia parlando al proprio specchio.
Pensaci un attimo, rifletti, lo specchio.. per me lo specchio è come un testimone a cui affido le mie memorie.. noi due in fondo siamo sempre stati estremamente puntuali ad ogni nostro incontro, ad ogni appuntamento, dal primo, quello mattutino, ad altri durante la giornata, passando da quelli più intimi a quelli fugaci, per strada, per aggiustare qualche capello, dettagli insomma..
Memorie
Noi due in fondo ci somigliamo parecchio, è vero, anche se della tua vita non sono certo di sapere tutto come credo, e così forse è vero anche il contrario: è probabile si tratti solo di una lunga, intermittente ma allo stesso tempo continua illusione, come un’immagine che viene e va, che sa quando venire, che sa quando andare, senza dire mai una parola di troppo, forse, senza dire mai una parola…di là!
Quando venire, quando andare
Senti, ormai ti conosco da quanto? Non lo so più neanche io.. t’ho visto sotto molti aspetti, e conosciuto via via che gli anni passavano, sempre presente quando avevo bisogno di te, sempre in grado di porre di fronte a me un’immagine chiara, diretta, non sempre in linea col mio pensiero, a come la vedevo io, anzi sei praticamente un persistente punto di vista differente.
Bisogno di te
Conosco da anni una persona che ti piacerebbe, un vero amico; lui si comporta molto spesso come fai tu con me e pensa, avete la stessa lettera iniziale e la stessa lettera finale! Vi somigliate insomma o forse siete uno la copia dell’altro, solo visti da un’altra prospettiva, da una prospettiva centrale, uno in una realtà e uno in un’altra.. come fai tu con noi due ogni volta che mi osservo crescere, guardandomi fisso negli occhi e lasciando che le risposte alle domande in sospeso arrivino in qualche modo, da qualche parte.
“Tu sei un artista, io un pensatore.”
mercoledì 7 maggio 2014
Il ponte
All’inizio dell’anno c’è chi non vede l’ora di scorrere il calendario
per segnare con un cerchio il giorno del compleanno di amici e parenti.
Per molti si tratta di un rito. In realtà, la prima cosa che facciamo è
cercare il giorno del nostro compleanno, è un classico. C’è chi invece
all’inizio dell’anno il calendario lo scorre molto velocemente per
capire la struttura dei ponti di primavera, per giocare d’anticipo su
colleghi e caselle in excel da riempire (versione ufficiosa, quasi
intimista) / per pianificare in tempo le tipiche gite fuori porta con
amici e parenti (versione ufficiale). Polline permettendo.
Tempo fa, durante un ponte di primavera, mi trovavo in Bretagna,
terra di avi e d’infanzia. Si parlava di coincidenze e di polline,
seduti a tavola; in famiglia c’è chi è allergico al polline. Dopo
pranzo, mio nonno andò a prendere un libricino dalle pagine ingiallite,
custodito nella sua immensa biblioteca. Un volta aperto, si sentiva un
odore acre di vissuto. Sprofondò nella poltrona e cominciò a leggere,
con la pipa in mano.
Quelle che qualcuno chiama coincidenze fecero si che si
incontrassero, accidentalmente, come sempre accade. Stavano camminando
su un ponte, una mattina di fine aprile. Era un fine settimana, lungo.
Era un ponte di primavera. Nevicava polline. Quella mattina raggiunsero a
piccoli passi il centro di quel ponte, il suo punto più alto per via
della curva, simultaneamente, provenienti entrambi da entrambe le sue
estremità. Non c’era stato bisogno di alzarsi sulla punta dei piedi per
riconoscersi. Si trovavano nel punto più alto dopo aver raggiunto
entrambi il punto più basso, questo era stato il loro primo scambio.
Quelle che qualcuno chiama coincidenze fecero si che il ponte dovesse
essere il simbolo della loro unione. Lo avevano deciso, insieme. Al
primo incontro seguirono altri incontri, non più accidentali, come
sempre accade. Decisero che avrebbero camminato sui ponti più belli
delle città più belle del mondo, non solo di mattina, e che tutte le
volte dovevano partire entrambi da entrambe le estremità, ogni volta per
potersi incontrare e riconoscere nel punto più alto della curva.
Camminare sui ponti era come fermare il tempo, a modo loro, era come
fermare immagini non conosciute, mai viste. Era un rito.
Quelle che qualcuno chiama coincidenze fecero si che non si accorsero
in tempo che il tempo passava, inesorabile. Il rito divenne abitudine,
l’abitudine divenne noia. Continuarono ad incontrarsi sui ponti più
belli delle città più belle del mondo promettendosi, vicendevolemente,
amore incondizionato e rifiuto categorico di lucchetti intrecciati e
parole mielose, indelebili, incollate sopra l’acqua dei fiumi. O dei
mari. Poco importava. Loro erano diversi, come sempre accade.
Nevicava
Neve
Nessun polline
Nessuna impronta
Neve
Nessun polline
Nessuna impronta
Aspettavamo tutti un commento dal nonno
Una sua impronta
Parlò di coincidenze
Una sua impronta
Parlò di coincidenze
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