mercoledì 1 maggio 2013

Il muro bianco




Primo Maggio

Oggi è un giorno di festa e non si lavora. Oggi è il giorno dei lavoratori. Forse farà festa anche chi non lavora. Ma solo per solidarietà. 

Alle 6 in punto un filo di luce comincia a dar forma a tutto quello che lo circonda. Intravede, a fatica, le fessure degli scuri e la luce che penetra attraverso la tenda rossa crea una strana alchimia cromatica. Chissà perché gli occhi, appena si aprono, cercano sempre come prima cosa una finestra. E’ come se si avvertisse all’improvviso il bisogno di una via d’uscita; nel letto, appena ci si sveglia. E’ come se si dovesse uscire velocemente dal luogo in cui si ri-prende coscienza del proprio io. O forse si cerca la provenienza della luce per proteggere gli occhi ancora gonfi e poco stropicciati. C’è il sole o il cielo nuvoloso? Forse porterà pioggia. Forse gli occhi cercano la finestra per il semplice bisogno di libertà. Anche e solo mentale. Tant’è che spesso, e neanche troppo paradossalmente, una volta scrutata la finestra, ci si gira verso la persona che si ha al proprio fianco, nel letto, come per abbracciare la sicurezza che spiega perché non si apre subito quella finestra, perché non si vuole rompere l’equilibrio di un momento. effimero o duraturo. Non ha importanza.

Prime luci del mattino. La memoria a breve termine ha immagazzinato le ultime fasi del sogno che sono state immediatamente trascritte sul quaderno nero moleskine, oggetto di indiscusso valore teso all’interpretazione dell’inconscio. Un dedalo come tanti altri.    

Si è girato e rigirato, ha anche provato a mettere la testa sotto il cuscino. Le prime ore del mattino sono sempre silenziose e soavi. Ma possono essere anche rumorose e caotiche. Si è alzato e ha spostato leggermente la tenda rossa, aperto la finestra che dà sul terrazzo e spalancato gli scuri. Al mattino si tende sempre ad aprire gli scuri con una certa animosità, come se si volesse uscire al più presto per trovare il giusto ossigeno. La notte, invece, si chiudono in maniera vellutata, sulla punta dei piedi e senza far rumore, per non svegliare i demoni. Loro dormono già. Non ha sentito nessun rumore di motore acceso vicino al bar; d’altronde è la festa dei lavoratori e al lavoro di solito ci si va in macchina. Ma prima si beve il caffè, al bar. Tutte le mattine dovrebbero essere così. Sì, ma la festa dei lavoratori c’è solo una volta all’anno. 

Sempre per solidarietà.

Sul terrazzo ha guardato prima il cielo e poi la strada. In realtà, per prima cosa ha osservato la finestra della cucina della coppia che vive di fronte. Saranno già in piedi? Ovviamente no. E poi ha guardato i suoi piedi, nudi. Dalì, il gatto di casa, si strusciava formando una curva con la schiena. Lo ha accarezzato e si è messo a camminare avanti e indietro respirando l’aria fresca e leggera che ti pizzica il naso e che ti ricorda alcune mattine da bambino, in campagna; all’epoca non ne capiva ancora la forza. Camminava e la respirava quell’aria, priva di inutili paturnie e frustrazioni che la rendono elettrica ed appesantita, la sera dopo cena, quando non più scalzo era solito camminare su quello stesso terrazzo accerchiato dal fragore e dal fetore umano.   

Prima delle prime luci del mattino e ben prima dell’alchimia cromatica, ha chiuso il quaderno nero moleskine, ha rimesso la penna sul comò vicino alla lampada. Ha spento. Nel letto si è girato verso la parete. Priva di finestra. 
Un muro bianco...

patosoftineto

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